Da qualche giorno, la sera, prima di addormentarmi, mi piace dedicarmi alla lettura di un libretto, tanto piccolo quanto prezioso. Questo libretto porta un titolo impegnativo “Il cammino dell’uomo” di Martin Buber. Martin Buber, filosofo e teologo ebreo del XX secolo, è conosciuto soprattutto per la sua concezione del rapporto Io-Tu, una relazione autentica e profonda tra individui che si riconoscono reciprocamente nella loro unicità e totalità. Per Buber, l’Io-Tu è il cuore pulsante della vita spirituale, il luogo in cui si manifesta la presenza divina e il modo privilegiato per accedere alla comprensione del mondo e di noi stessi.
Secondo Buber, quindi, il significato ultimo dell’esistenza risiede nell’incontro autentico con l’Altro, che può essere un individuo, la natura o persino il divino. Questo incontro trasforma la nostra percezione del mondo, portandoci al di là della separazione e dell’isolamento soggettivi e aprendoci alla dimensione del sacro.
Ma cosa accade se questa prospettiva interpersonale si incontra con un simbolismo antico e profondo come quello dei Tarocchi?
Sono entrambi specchi dell’Anima.
Nell’universo dei tarocchi, ogni carta è un portale verso un mondo simbolico e metaforico, che invita il lettore a riflettere sulle proprie esperienze, emozioni ed aspirazioni. Come gli incontri dell’Io-Tu di Buber, i Tarocchi ci spingono a guardare dentro di noi attraverso l’Altro, nella connessione che avviene nel valore della relazione, cioè in un coinvolgimento personale e in una reciprocità profonda.
Ne “Il cammino dell’uomo” Buber delinea un preciso percorso di maturazione umana che parte da una domanda, l’interrogativo che Dio rivolge ad Adamo: “Dove sei?”. Di fronte alla domanda di Dio, al suo solo sussurro, Adamo si nasconde, non perché Dio non possa trovarlo, ma per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Come Adamo, così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e perché ognuno di noi tende a fuggire da sé e sfuggire dentro tutto ciò che non siamo, avatar virali e virtuali di noi stessi. Per sfuggire alla responsabilità della vita, per non pensare, l’esistenza viene trasformata in un continuo atto di nascondimento. E in questo sfuggire a se stessi, ci coglie impreparati la domanda di Dio. Rispondere alla sua domanda significa chiedersi dove si stia andando, significa fermarsi e riflettere su che direzione si stia prendendo. Questo è il senso de “Il cammino dell’uomo”.
Se mi pongo questa domanda, sono in cammino, altrimenti resto in superficie, a nascondermi. E’ chiaro che allora tutto dipende dal fatto che ci si ponga o no la domanda.
Quindi, qual è il legame tra il cammino dell’uomo di Martin Buber e i Tarocchi? Entrambi ci invitano a intraprendere un viaggio di scoperta interiore verso la consapevolezza a partire da una domanda ed entrambi ci invitano a farlo espandendoci oltre il sé e costruendo la relazione con l’Altro che è parte di noi.
Sia il pensiero di Buber che i Tarocchi ci ricordano che il vero viaggio non è solo quello che compiamo nel mondo esterno, ma quello che intraprendiamo nel profondo del nostro essere. E in questo viaggio interiore, l’Io, il Tu e il mistero dell’Essere si fondono in una danza spirituale, illuminando il cammino dell’uomo con la luce della consapevolezza e della compassione.
Il Matto rappresenta l’inizio del cammino e viaggia verso la libertà, l’unica vera e autentica che è quella spirituale e che è rappresentata dalla carta del Mondo (XXI), ossia l’Anima. Ma il cammino passa necessariamente attraverso le carte/tappe che la precedono: XX, il Giudizio e XIX, il Sole, che parlano di una palingenesi, ossia di una Vita nuova, quella che nasce grazie alla relazione con l’Altro. Proprio come per Buber, anche nella filosofia dei Tarocchi (Tarosofia), è questa che suggella il passaggio alla dimensione spirituale dell’individuo, espressa dall’iconografia della carta del Sole, con i due gemelli che si aiutano reciprocamente. E’ l’Altro, insomma, il portale attraverso cui è possibile espandersi e fiorire. “Cominciare da se stessi, ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi, ma non preoccuparsi di sé». La meta del cammino dell’uomo, come la meta del viaggio dei Tarocchi è mettersi al servizio del mondo e tale servizio, conclude Buber, ha il proprio luogo nella vita ordinaria, nel panorama più abituale, nella realtà più familiare: «È qui, nel luogo preciso in cui ci troviamo, che si tratta di far risplendere la luce della vita divina nascosta» . Suggestivo e arguto, Il cammino dell’uomo, come i Tarocchi, possono essere letti come una piccola ma essenziale guida per orientare il proprio percorso di crescita.